Dopo 53 anni in orbita, la sonda sovietica Kosmos 482 è precipitata nell’Oceano Indiano: un evento che riaccende l’attenzione sui rischi dei detriti spaziali.
Sabato 10 maggio 2025, la sonda sovietica Kosmos 482, lanciata nel 1972 per una missione verso Venere, è rientrata nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, precipitando nell’Oceano Indiano a ovest di Giacarta. L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha confermato l’evento, precisando che il rientro è avvenuto intorno alle 9:24 ora di Mosca (8:24 ora italiana).
Kosmos 482 era parte del programma Venera dell’Unione Sovietica, ma un malfunzionamento del razzo vettore impedì alla sonda di lasciare l’orbita terrestre. Il modulo di discesa, progettato per resistere alle estreme condizioni atmosferiche di Venere, è rimasto in orbita per oltre cinque decenni. Con un peso di circa 500 chilogrammi e un guscio protettivo in titanio, il lander era costruito per sopportare pressioni e temperature elevate.
Il rientro è stato monitorato frattanto dalla rete europea di sorveglianza spaziale, che ha alcuni sensori situati in Italia (precisamente in Emilia-Romagna, Sardegna e Basilicata). L’ultimo passaggio della sonda sopra l’Italia è stato osservato dalla Sardegna intorno alle 5:00 del mattino, mentre viaggiava a una velocità di circa 28.000 km/h (!).
Questo evento riporta al centro dell’attenzione pubblica un tema sempre più urgente: l’inquinamento orbitale. Secondo l’Agenzia spaziale europea (ESA), solo nel 2024 sono precipitati sulla Terra circa 1.200 frammenti di razzi e satelliti, con una media di tre oggetti al giorno. Gli esperti avvertono che questa cifra potrebbe salire fino a 15 rientri quotidiani entro il 2035, a causa del numero crescente di lanci – spinti da iniziative come la costellazione Starlink di SpaceX – e dell’intensificarsi dell’attività solare, che contribuisce a far decadere più rapidamente gli oggetti in orbita bassa.
Attualmente, orbitano attorno alla Terra oltre 54.000 detriti superiori ai 10 centimetri, un numero destinato ad aumentare sia in volume che in dimensioni. Alcuni di questi frammenti, una volta rientrati, si disintegrano nell’atmosfera. Tuttavia, i pezzi che sopravvivono – come dimostra il caso di Kosmos 482 – possono raggiungere la superficie terrestre e, seppur raramente, causare danni.
Un portavoce dell’ESA ha precisato che “il rischio annuale che un singolo essere umano venga colpito da un detrito spaziale è inferiore a uno su cento miliardi”. Per confronto, “è circa 65.000 volte più probabile essere colpiti da un fulmine” (o prendere il 6 al Superenalotto, che rappresenta una possibilità su poco più di 622 milioni).
Ma la questione rimane da non sottovalutare. L’ESA stessa ammette che il livello generale di aderenza globale alle linee guida non è sufficiente per garantire un futuro sostenibile nello spazio: l’agenzia sta lavorando attraverso programmi come la Clean Space Initiative e lo Space Debris Office, sviluppando tecnologie per missioni a impatto zero e monitorando costantemente l’ambiente orbitale per evitare collisioni, ma potrebbe non bastare.
Se non si agirà con decisione, l’accesso all’orbita terrestre – e, con esso, la possibilità stessa di operazioni spaziali – potrebbe essere compromesso per generazioni.
Un’interruzione di pochi secondi può trasformarsi in tragedia: la denuncia shock dei controllori svela un…
Da brutto anatroccolo degli abissi a "Pesce dell’Anno": il blobfish conquista la Nuova Zelanda e…
Nuovi auricolari smart possono tradurre in 148 lingue in tempo reale: sarà la fine dello…
Scopri quali ricci di mare si possono mangiare davvero, come gustarli secondo la tradizione e…
Le tensioni commerciali USA-UE fanno salire i prezzi del vino europeo negli Stati Uniti. Importatori…